ECCO FATTO
di Gabriele Muccino. Prodotto da Domenico Procacci (Italia, 1998, 35mm, 90′)
Italia, Italia e ancora Italia. A leggere la presentazione che il regista fa di se stesso e del proprio film sulla cartella per i giornalisti ci si rende immediatamente conto di trovarsi di fronte ad una persona intelligente e ad un buon film, forse qualcosa che potrebbe finalmente interrompere la monotonia cinematografica in cui ci troviamo impelagati. I curriculum del cast tecnico sono addirittura impressionanti, fatti di film d’autore a Hong Kong, centri sperimentali, comparsate da Bellocchio e assistentati volontari da Pupi Avati, esperienze teatrali di tutto rispetto. E si tratta quasi sempre di persone sotto i trent’anni. Poi, però, quando il proiettore parte, ci si ritrova inevitabilmente impigliati nella trappola del nemico: i film di giovani per i giovani, ma in questo caso con una novità da non sottovalutare: il desiderio di raccontare una storia non banale, fatta di sentimenti un pò più profondi del solito, di domande reali ma fuori dai soliti canoni adolescenziali. Ma alla fine tutto va sprecato: come sempre, c’è il qualcosa che non va. E come sempre il qualcosa che non va è la sceneggiatura. E come sempre un piccolo errore trasforma il tutto in qualcosa di profondamente insoddisfacente. Una storia interessante, assolutamente nuova nella sua normalità, ma raccontata male e confusamente: troppa carne al fuoco, troppe cose che vanno a confondersi una sull’altra fino a diventare un caos nel quale inevitabilmente si perde il controllo di tutti i lati cinematograficamente positivi che potevano emergere. Un’ora e mezza di Italia, pur con buone idee, non riesce ad esprimere in maniera davvero consistente sentimenti e sensazioni che dieci minuti di Francia rendono grandi. E non si tratta di retorica, ma di dati di fatto.
Ci sono però elementi positivi che fanno ben sperare: la regia, sebbene un pò troppo conformista, è indiscutibilmente abile, così come gli attori che, seppur giovanissimi e pressochè sconosciuti, hanno molto da insegnare al discutibile idolo dell’ultim’ora Mastandrea. Non si può tuttavia nascondere una certa preoccupazione nel rendersi conto che questo è l’unico film a rappresentare l’Italia nel concorso lungometragi del Festival…