Asì es la vida – Questa è la vita
Ispirato alla Medea di Seneca ma ambientato ai giorni nostri in un sordido stabile di Città del Messico. Una casalinga (Arcelia Ramirez), che per sbarcare il lunario pratica aborti clandestini, non si rassegna al fatto di essere stata piantata dal suo uomo (Luis Felipe) per una ragazza più giovane e, proprio nel giorno in cui la nuova coppia sta per sposarsi, la donna decide di mettere in atto la più tremenda delle vendette: uccidere i due figli che aveva avuto dal suo compagno e poi mostrarglieli trucidati.
Tutt’altro che memorabile quest’opera del sopravvalutato (da qualcuno) Arturo Ripstein, autore in passato del discreto Profundo Carmesì e della sbiadita versione cinematografica di quel capolavoro di Marquez che è Nessuno scrive al colonnello. Già la scelta di girare tutto il film in digitale (forse per poter fare ricorso con più scioltezza ad estenuanti piani sequenza) garantisce una scarsa qualità di immagini, ma è tutto il film nell’insieme ad essere traballante, indeciso com’è tra il deferente rispetto allo spirito della tragedia e la voglia di inserire tocchi personali, puntando su risvolti grotteschi a volte fastidiosi (vedi il modo in cui è tratteggiato il personaggio del padre della novella sposa). Le idee latitano e quello che sembrerebbe a prima vista originale, è invece abbondantemente di seconda mano, si pensi all’uso della televisione che funge da coro e commenta gli sviluppi dell’azione, come già avveniva nel Romeo + Giulietta di Luhrmann. Ripstein si conferma un ottimo direttore di attori e la sua Medea ha momenti di grande umanità, ma non possiede però la capacità di suscitare vere emozioni e, con il testo che aveva a disposizione, questo difetto appare niente affatto veniale.