IL V° ELEMENTO
Francamente questo film sembra risentire più della mano di Gaultier, qui presente in veste di costumista, che di Besson. Ritroviamo in questo film alcune caratteristiche tipiche dei film del regista francese, soprattutto quelli più recenti, e cioè la ricerca del bel taglio di inquadratura, un costante intreccio tra violenza e sentimenti, il commento sonoro del solito grande Eric Serra, ma la novità è la malignità, quasi cattiveria, con cui si prende gioco del cinema americano.
Sia chiaro, è dai tempi de LE GRAND BLEU, suo film più bello e da noi non distribuito per problemi giudiziari, che tra cinema americano ed il regista francese non corre buon sangue, ma questa volta il regista si lascia andare forse un po’ troppo, realizzando un film molto divertente e spettacolare che però è più una parodia del cinema fantastico e d’azione americano, nonché forse di sé stesso, del grandissimo film che sarebbe potuto essere.
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Lussureggiante, ridondante, come in fondo tutte le imprese cinematografiche di questa portata. Ecco il nuovo lavoro di Luc Besson, fantasioso solo in apparenza, alle prese con l’eterno ‘mistero’ della vita umana e dell’universo. “Il quinto elemento” ha sostanzialmente tre grandi pregi.
Il principale è quello di inscriversi nel graditissimo filone della ‘fantascienza con umorismo’, fenomeno iniziato con il Mel Brooks degli anni’80 (“Balle spaziali”), per continuare un po’ in sordina con l’ultimo Burton (“Mars attacks”) ed allargarsi infine a macchia d’olio contagiando le massime produzioni internazionali, vedi lo stramiliardario “Men in black” ed appunto “Il quinto elemento; fenomeno, questo, quasi impensabile, parlando dei circuiti commerciali, anche solo ai tempi di “Indipendence day” (con la sensazione che il cinema di cassetta stia imparando dal cinema più sommerso che un po’ più di sarcasmo ed iconoclastia non guastino mai) Qui, Luc Besson dà l’impressione di aver rivolto un occhio ad Almodovar e uno a Spielberg (con il rischio di un fulminante strabismo, considerati i due generi): viene in mente Almodovar, o forse ancor di più il di lui pupillo Alexis De La Inglesìas (ricordate “Accion mutante”?) per la tipologia dei costumi (ma qui in particolare Besson e Gaultier perdono di gran lunga la sfida con i due spagnoli), per alcune scene sessual-grottesche, per la fine caratterizzazione dei personaggi minori, e questo é il secondo pregio del film. Queste poco più che comparse sono così ben definite da vivere di vita propria, da esistere nella storia con la stessa dignità od importanza dei personaggi principali. E questa é una rarità. Tra di loro riconosciamo Sibyl Buck, segretaria di Zorg dai capelli verde-acqua; Tricky ed Eve Salveil, che fanno parte dei cattivi; Kelly Le Brock, bellissima hostess e, con una parte decisamente più estesa, Chris Tucker, la drag queen radiofonica, anch’essa molto almodovariana. Il terzo pregio é Milla Jovovich (la stessa creatura di “Ritorno alla laguna blu”) molto intensa e “veramente bella”, come le sussurra Bruce Willis nel film, folletto perfetto venuto dalla notte dei tempi per salvare I’umanità. La recitazione é ottima e vede un Bruce Willis molto a suo agio, un Gary Oldman altrettanto convincente ed il già citato Chris Tucker strepitoso. “Veramente bella” è anche la scena che vede protagonista la “cantantessa” azzurra, impegnata in lirismi vocali degni dei Madredeus. Eppure, nonostante tutto, questo film non lascia messaggi nuovi., o almeno punti di vista nuovi da cui partire per riconsiderare quello vetusto ed anzi regala momenti di fastidiosa banalità. Strano per uno come Luc Besson, che in passato ha dato prova di grandissima originalità e costruttivo anticonformismo, come in “Leòn”. Evidentemente non bastano gli effetti speciali per far apparire tutto magicamente più nuovo e diverso.
Rossana Pecorara