COPLAND
Cosa si può dire di un film così?
Si può dire che si esce letteralmente storditi dal metodo Stanislavskij, dalla potenza dell’Actor Studio, dalla genialità di Lee Strasberg e della sua tutt’altro che stupida moglie.
Si può dire che il fatto che la trama sia banale e scopiazzata da almeno una decina tra film e romanzi passa totalmente inosservato dietro alle capacità metamorfiche di Silvester Stallone, dietro alla recitazione indefinibile e inossidabile di Bob De Niro, dietro alla sempre sottovalutata bravura di Ray Liotta, ma soprattutto dietro alla genialità interpretativa di Harvey Keitel.
Si può dire che la regia non è scadente ma nemmeno innovativa, cosa peraltro del tutto inutile di fronte ad attori di questo calibro.
Se Ejzenstejn avesse avuto a disposizione un quartetto del genere per fare la sua Potemkin, probabilmente non avrebbe badato così tanto alla regia e al montaggio.
Il cinema classico non è finito e, a dire il vero, guardando questo film viene da pensare che non finirà mai. Non ci sono avanguardie, non ci sono tecnologie, non ci sono costruzioni espressioniste.
C’è solo Actor Studio.
Un film da vedere per capire la differenza tra interpretazione ed immedesimazione, tra Europa e America.