L’amore probabilmente

Una giovane attrice (Sonia Bergamasco) si interroga sul significato del suo mestiere: recitare è menzogna (come le suggerisce la Melato), assoluta verità (questa è la posizione della Sandrelli), oppure è soltanto illusione come sembrano indicare le immagini di un vecchio film (Eugenia Grandet) di Soldati con Alida Valli? Nel frattempo Sonia accumula esperienze, litiga col fidanzato e con la sua migliore amica (Fabrizio Gifuni e Rosalinda Celentano), ha una relazione con un cinquantenne sposato (Teco Celio, straordinario), fa un provino e poi chiude il film recitando una poesia di Caproni.

Nonostante l’entusiasmo sincero di Bertolucci nell’affrontare questa sua prima opera in digitale, il suo film è di quelli sbagliati e che allontanano il pubblico dalle sale: freddo come un teorema ma raramente lucido, cerebrale, intellettualistico, alla continua ricerca della poesia con approdo finale nel più ridicolo poeticismo. Il regista, che pure aveva offerto opere molto più valide (si pensi soltanto a Segreti Segreti, Berlinguer ti voglio bene, Amori in Corso), propina dialoghi atroci, costringe continuamente la povera figlia di Celentano a vomitare (perche “piegata in due sembri una donna africana alla fonte”, mah!), pretende di girare in piena libertà ma genera fastidio e confusione.

Le uniche note liete arrivano dagli attori, tutti molto bravi (geniale l’imitazione che Fabrizio Gifuni fa di Alì Agca), con l’eccezione dell’inedito (almeno per me) Teco Celio, che è bravissimo, sorprendente e commovente. Essendo il film in concorso a Venezia nella sezione Cinema del Presente, si ha la conferma indiretta che la nuova sezione competitiva sia, a tutti gli effetti e a dispetto di tutte le smentite, un concorso di serie B.

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